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Complessità e Sistemi Dinamici Cultura Digitale e Social Media

ALC, ambienti di lavoro collaborativo per Social Business Adattivi

Prendo spunto da un articolo pubblicato da Stefano Mizzella sul suo blog

“… il social business presume che le diverse divisioni di cui si compone l’azienda si parlino tra di loro al fine di garantire al cliente, attraverso i social media, la miglior esperienza possibile, soprattutto in chiave di customer care. Da una parte esiste il servizio clienti tradizionale, dall’altra ci sono i social media. Il più delle volte, il marketing non è in grado di gestire e risolvere tutte le diverse sollecitazioni veicolate dagli utenti attraverso canali come Twitter, limitandosi a fornire un numero di telefono o un indirizzo email a cui segnalare il problema.”

Come ho già sottolineato in un mio recente post, da appassionato di teoria della complessi, ho sempre osservato con estrema attenzione i fenomeni emergenti di interazione sociale e, in ambito digitale, sostenuto con forza l’importanza del contributo proveniente dal “basso”, dalle community. Un importante fattore evolutivo sta, infatti, proprio nella capacità delle organizzazioni di appiattire in senso orizzontale i propri organigrammi e aprirsi ad una comunicazione bidirezionale (modello learning organization), multicanale e proattiva.

Il mondo sta cambiando


Il marketing 2.0 e i social media in questo senso hanno rafforzato questa necessità dogmatizzandola e trasformandola in approcci innovativi sfociati in strategie note come buzz, viral, UGC, crowdsourcing etc.
Quello a cui si è assistito negli ultimi anni, e per chi lavora nel web non sto dicendo sicuramente nulla di nuovo, è un lento avvicinamento dei brand alle community, alle persone. Al punto che i brand stessi perdono la loro istituzionalità e seguono un processo che Scott Monty, head of social media di Ford Motor Company, ha definito umanizzazione.
Umanizzazione è, in sostanza, la valorizzazione dell’individuo e del fenomeno del dialogo come forma di creazione di valore, più importanti della vendita stessa o di qualsiasi ROI. Si è passati dal messaggio unidirezionale tipico dei media degli anni 80′ atto alla vendita, all’interazione tipica dei media moderni con l’obiettivo di creare awareness, engagement. Indiscutibile dunque la necessità di abbattere le gerarchie e portare in azienda una cultura di carattere collaborativo, molto più complesso è il processo da applicare in ambito manageriale per permettere tale transizione.

Favorire Business Adattivi con Ambienti di Lavoro Collaborativo

Il collante e l’elemento determinante per ambienti votati al social sono la collaborazione e la capacità da parte dei suoi protagonisti di confrontarsi con gli altri con generosità, apertura mentale e disponibilità. Queste reti collaborative, la cui struttura è stata delineata già una decina di anni fa da Carlo Mazzucchelli,  producono benefici tangibili anche per gli individui che vi partecipano:

• Riconoscimento (cfr. gamification),

• Maggiore libertà di movimento nell’ organizzazione del proprio lavoro,

• Stima ma anche nuovi legami sociali e relazionali che garantiscono accesso diretto a nuove conoscenze e informazioni critiche per il lavoro svolto,

• Nuove e più durature relazioni con personalità carismatiche e leader nell’organizzazione,

• Possibilità di apprendimento continuo,

Le reti innovative di tipo collaborativo, le conoscenze e le relazioni da esse rappresentate costituiscono il sistema nervoso delle aziende.

Nei miei ultimi due anni in ebuzzing, forte di un certo grado di libertà operativa e forse di incoscenza da parte dei miei superiori,  ho avuto modo di coordinare processi innovativi finalizzandoli alla costruzione di comunità collaborative in grado di favorire creatività, innovazione e disponibilità al cambiamento (vedi #futureofblogging).

A favorire il mio lavoro è stata la struttura stessa dell’azienda,  priva di gerarchie formali, un DNA caratterizzato dalla presenza di learning networks, caratterizzata da una auto-organizzazione di tipo virtuale e anarchia organizzativa.

In simili contesti, i progetti nascono e si auto-alimentano intorno a un’idea, al di fuori di confini e vincoli aziendali e in modo trasversale rispetto a gerarchie e architetture organizzative convenzionali. A questo punto i membri creano e condividono conoscenza in un ambiente di elevata fiducia reciproca, onestà e trasparenza con un codice etico condiviso e una rete comunicazionale fitta (intranet aziendale).

Un’azienda che voglia diventare davvero Social deve, dunque, essere pronta a mettersi in gioco e rivedere il proprio modus operandi dalle radici. Molte aziende, come pure le istituzioni, ancora non hanno la maturità strutturale e culturale per essere sui nuovi media sociali. Il quel caso, costrette da fattori esogeni ad aprirsi, si ritrovano nude e prive di difese.
Prima ancora di definire una Social Media Strategy (la rotta), è importante assicurarsi che la nave sia in grado di attraversare i tumultuosi mari dei media non lineari con lo spirito e l’equipaggio giusto.
Per concludere, i team di HR, PR, Marketing e CRM di un’azienda non devono lavorare come compartimenti separati. Come ha di recente sottolineato anche Brian Solis  in un’intervista curata da Maria Petrescu e Jacopo Paoletti per Intervistato.com, i vari reparti di un’azienda devono lavorare in stretto contatto e formare un ambiente collaborativo unico, adattivo e proattivo.

By Duderinaldi

I'm an all-rounded digital strategist, currently heading Digital Innovation at the iconic luxury brand Versace. Since 2018 I've extended my scope beyond Marketing supporting both Industrial Operations and Corporate in complex digital transformation projects with a strong track record of efficient, sustainable and business value-increasing initiatives.
My background includes over 12 years in globally-renowned integrated agencies with focus on planning, strategic execution, digital communication and consumer experience for a wide range of brands and product categories such as Ford Motor Company, Toyota, Adidas, Jaguar & Land Rover, Mattel, Sony Playstation, Vodafone, Sky, Procter & Gamble and Microsoft.

6 replies on “ALC, ambienti di lavoro collaborativo per Social Business Adattivi”

Interessante Post -a parte la mia personale idiosincrasia per il termine “proattivo”.

Non capisco bene però questo passaggio:

“Si è passati dal messaggio unidirezionale tipico dei media degli anni 80′ atto alla vendita, all’interazione tipica dei media moderni con l’obiettivo di creare awareness, engagement. Indiscutibile dunque la necessità di abbattere le gerarchie e portare in azienda una cultura di carattere adattivo”.

Mi sfugge in particolare il passaggio logico che lega l´osservazione di un dato di fatto (evoluzione del Business in direzione “Social”) con “la necessità di abbattere le gerarchie” aziendali per favorire -anche in azienda come nel mercato- un ambiente Social o, come tu stesso dici, “adattivo” (immagino tu connoti il termine nel senso di “collaborativo”).

Tu poni dunque la prima parte del ragionamento (una osservazione) come base e premessa dalla quale tu “estrai” una conseguenza da te intesa come logica (addirittura “indiscutibile necessità”) e che è in realtà – da un punto di vista logico formale – una prescrizione. Se fosse una “indiscutibile necessità”, accadrebbe da sè in modo automatico.

Ti sarei grato se potessi spendere ancora qualche parola su questo tema.

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Ciao Apis e grazie l’interesse dimostrato, devo ammettere di non essere il miglior oratore che la Rete conosca dunque rivedo con estrema autocriticità le tue osservazioni.
Visto che, a parte un estremo formalismo dialogico, credo in sostanza tu sia principalmente interessato a comprendere le motivazioni per cui ritengo indiscutibilmente necessario per le aziende applicare un approccio “collaborativo”, procederò con un semplice esempio:

Il fatto:
Sulla Fanpage di Ford Italia un utente Brasiliano (tale Renato De Marchi) si lamenta raccontando la storia di una disavventura avuta con Ford in Brasile. Il testo è spiccatamente tradotto con Google translate dal Portoghese, ma il profilo dell’utente sembra verosimile (esclusa dunque la possibilità che sia un Fake).
Qui il suo primo intervento del 1 Febbraio 2012 a cui segue una replica il giorno successivo (evidentemente frutto della frustrazione provata nel non ricevere alcuna risposta nel post)
Qui un secondo intervento dell’utente
Qui un terzo intervento risalente al 2 Febbraio al quale riceve finalmente risposta il giorno 6 Febbraio 2012 alle ore 12

Il problema:
L’utente ha ricevuto risposta solamente 5 giorni dopo il suo primo intervento, non riceve una chiara soluzione al suo problema e viene reindirizzato verso il servizio di customer care telefonico (senza tener conto che l’utente essendo brasiliano ed avendo chiari problemi di comunicazione nella nostra lingua, non potrà effettuare la telefonata).

Rischi:
Non avendo di fatto risolto nulla, in un contesto interconnesso come quello dei social media, l’utente insoddisfatto potrebbe proseguire la propria attività di richiesta di supporto in forum, su un proprio blog, attraverso gli amici… Diffondendo conversazioni e opinioni negative sul brand online. Aumentando di conseguenza la possibilità che un futuro acquirente Ford, in cerca di opinioni in rete sul brand come fa l’80% degli acquirenti moderni, incappi nelle sue recensioni.

Soluzione:
Una risposta tempestiva (su facebook ci si auspica nei giorni feriali un tempo di risposta di max 12h) avrebbe impedito all’utente di provare ulteriore frustrazione e senso di abbandono, il che avrebbe evitato i successivi post (classificabili come negativi nell’analisi della tonalità).
Perché la risposta non è avvenuta in maniera tempestiva?
Il community Manager incaricato di gestire la pagina non è evidentemente formato a dovere (nessuno può pretendere che lo sia visto che generalmente un community manager lavora su più piattaforme -in multitasking- e gestisce un flusso di informazioni che porterebbe i comuni mortali alla crisi mistica), ed è stato costretto a temporeggiare in attesa di un riscontro da parte del team di customer care, il quale deve aver superficialmente trattato la questione. Inevitabile dunque che il processo abbia richiesto numerosi giorni e che il community manager abbia dovuto prendere l’iniziativa di rispondere a un certo punto, dopo il terzo intervento dell’utente, invitandolo a telefonare al supporto.
Reindirizzare l’utente verso un servizio differente ne aumenta il senso di frustrazione, l’utente medio tende a vedere una fanpage come un centro di CRM, si aspetta una risposta immediata ed è qui che in effetti andrebbe effettuato l’intervento di “pronto soccorso” da parte del community management:

– individuazione del problema e di una possibile soluzione in coordinamento con gli altri team (HR, Marketing, PR..)- qui è cruciale un ambiente collaborativo – e integrato,
– rispondere subito all’utente ringraziando per il feedback, comunicargli che il team sta lavorando per risolvere il problema e che lo contatterà in privato perché avrà bisogno di alcune informazioni aggiuntive. E’ importante in questa fase far sentire l’utente coinvolto (magari aggraziarlo con qualche domanda, scambiando qualche battuta sulla vicenda),
– nel frattempo trovare una soluzione con il team di competenza,
– contattarlo in privato per comunicargli la soluzione,
– lasciare che sia l’utente a ringraziare ufficialmente per il supporto ricevuto.

Ecco un chiaro esempio di quanto un sistema flessibile e collaborativo avrebbe permesso di gestire con maggiore velocità e qualità la questione, riducendo al minimo i rischi di inficiare la reputazione del brand. Immagino manchi una social media governance (con triage chiaro), un coordinamento tra i diversi reparti e delle guidelines per i community manager… Ma le mie sono solo supposizioni, avrò modo di approfondire la questione a breve visto che, tra i miei progetti, mi occuperò proprio di social media governance per Ford Italia

P.S. Ho rivisto il termine “adattivo” sostituendolo con “collaborativo” a seguito della tua giusta osservazione 😉

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Bel post Fabrizio. L’approccio avviato in Ford da Scott Monty è molto interessante, in quanto a partire dalle sue azioni l’azienda ha iniziato davvero a “mettere la faccia” nell’interazione, non solo online, con il consumatore (ti segnalo tra l’altro questa sua recentissima presentazione sul modo in cui Ford sta usando G+: http://slidesha.re/z6GTcQ).

È necessario, tuttavia, come del resto hai evidenziato anche tu, provare a fare un passo più in là rispetto alle operazioni spesso solo “cosmetiche” delle PR e preparare l’azienda a sfruttare pienamente i social anche verso obiettivi più complessi come quelli del customer care e dell’innovazione.

Bella anche la metafora del Joker: in alcuni contesti aziendali una dose di “caos” appare davvero la medicina migliore per produrre un cambiamento rispetto allo status quo…

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Grazie per il feedback… E’ bello constatare che hai colto a fondo la metafora Stefano 😉
Quelli che seguiranno saranno anni di dura lotta, proprio in bilico tra Determinismo e Caos

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