Le società autoritarie sono come chi pattina sul ghiaccio: meccanicamente abili e precise ma precarie. Sotto la fragile crosta della civiltà si agita il freddo caos. E in certi posti il ghiaccio è pericolosamente sottile. Quando l’autorità si sentirà incalzata dal caos, ricorrerà agli espedienti più turpi per salvaguardare il suo ordine apparente. Ma sempre un ordine senza giustizia, senza amore né libertà, che non potrà impedire a lungo che il mondo precipiti nel pandemonio. [V per Vendetta – Alan Moore]
Si, lo so. Ho sempre parlato di Social Media, perché ora dovrei tediarvi anche con articolate riflessioni sull’efficienza del nostro ordinamento giuridico? Beh, vi tocca perché la natura generalizzante della Teoria Della Complessità, tema a me caro, mi induce ad applicare tale approccio in più discipline per valutarne la bontà e, appunto, l’applicabilità. In un mio recente articolo (Manager della complessità, un radicale cambio di prospettiva per l’evoluzione dei sistemi aziendali) mi sono avventurato nel mondo del Management. In quell’occasione ipotizzavo che una più profonda e consapevole visione da parte del Manager del proprio ecosistema potrebbe permettere ai sistemi aziendali di svilupparsi con strutture emergenti e, di conseguenza, con maggiore efficienza. Ora, chiarito che tale approccio rappresenta solo un esercizio intellettivo, proviamo a cambiare campo di applicazione. Visto che ho avuto modo di approfondire l’argomento in sede di laurea, voglio spostare l’obiettivo su una disciplina decisamente più consistente: il Diritto. Quanto segue è frutto di lunghe interviste e mesi di ricerca. Doveroso menzionare chi ha permesso un profano del Diritto come me di trattare l’argomento con la necessaria rigorosità: Prof.ssa Silvia Piccinini, Prof. Carlo Mazzucchelli, Avvocato Fabrizio Giusti e il gruppo Complexlab per intero.
Complessità della Norma Giuridica
Alla formazione di una società organizzata concorrono i più disparati processi socio-evolutivi (di tipo ecologico, economico, religioso, ideologico..) che variano considerevolmente da popolo a popolo. Essendo il diritto un prodotto dell’uomo e della porzione di società che detiene il potere in un determinato periodo storico, l’ideologia di chi in quel momento lo detiene prende naturalmente il sopravvento rispetto a coloro che la pensano diversamente e di fatto condiziona le scelte legislative. Nella migliore delle ipotesi, le regole giuridiche sono comunque il frutto di una mediazione politica che spesso le rende confuse.
Con l’evoluzione tecnologica e l’infittirsi della Rete sociale nella quale viviamo, il sistema giuridico si trasforma in un ecosistema sempre più complesso di norme. Nel mondo animale esiste una tendenza naturale all’ordine chiamata Emergenza. Mentre nel mondo animale i flussi comunicativi sono ben definiti da gerarchie biologiche e gli ordini vengono emessi tramite chiari segnali chimici, nell’evoluto sistema sociale dell’Homo Sapiens l’ordine è garantito attraverso il processo di interpretazione della Norma Giuridica.
Il problema interpretativo della Norma Giuridica
Evidenziare quali e quanti strumenti interpretativi si abbiano a disposizione nell’analizzare il complesso sistema di norme che regolamenta la nostra vita rappresenta solo il primo passo verso un più profondo ed articolato ragionamento. La questione che immediatamente viene da porsi riguarda infatti quanto questo processo possa considerarsi infallibile e quanto, dall’altra parte, l’emotività o le infinite variabili che ruotano attorno ad un processo decisionale (del giudice ad esempio) possano rendere l’interpretazione soggetta a errore. In particolare, in coerenza coi principi espressi dalla Teoria della Complessità, voglio porre risalto a tutte quelle variabili che, nello svolgimento del processo interpretativo stesso, influenzano su più livelli (emotivo, cognitivo, logico, culturale, relazionale, economico, etico…) chi è chiamato ad interpretare la norma, falsando così il risultato finale.
In claris non fit interpretatio (approccio classico) Prima di approfondire la visione probabilistica della norma giuridica, è necessario analizzare quelle correnti di pensiero che affrontano razionalmente il problema dell’interpretazione. La tendenza di alcuni interpreti è infatti quella di vedere il Diritto come una vera e propria Scienza. L’ordinamento giuridico sarebbe dunque un sistema completo che, proprio perché si deve adattare alla vita dell’Uomo, nella sua varietà di atti e situazioni, deve avere in sé la potenzialità di risolvere tutti i casi. A differenza di chi ritiene occorra un’opera di supplenza per colmare le lacune del diritto attraverso “l’interpretazione creativa”, i moderni razionalisti ritengono che l’interpretazione per definizione non può essere creativa, e tantomeno può essere espressione di un atto di volontà dell’interprete. Gli operatori di Diritto, in primis il giudice, devono cercare, con i principi generali, con la graduazione delle norme secondo la loro forza (“durezza”) e con gli altri strumenti della logica, la risoluzione del caso all’interno del sistema, non nella loro volontà. Indipendentemente dall’esistenza del Diritto Oggettivo sul piano filosofico, l’interprete deve perciò operare come se il Diritto fosse oggettivo. Spesso però i Giudici, fomentati anche dall’espressione “in nome del popolo italiano..” con cui aprono le sentenze, sostituiscono i propri valori e la propria morale a quella dell’ordinamento giuridico. Forse bisognerebbe sostituire l’espressione “in nome del popolo italiano” che potrebbe far pensare ad un’investitura politica, che il giudice non ha, con quella ”in nome della Legge o dello Stato”. Qui infatti il popolo non è considerato come fonte di potere politico ma come spersonalizzazione del giudice che non deve applicare criteri e valori soggettivi ma valori vigenti nella società. Perciò anche quando si fa riferimento all’equità o ai cosiddetti ”concetti-valvola” e cioè quei concetti che servono per introdurre nell’ordinamento valori sociali che mutano (per es. il concetto di atti osceni, che cambia nel tempo), il giudice deve ricercare non nei suoi valori ma nei valori vigenti oggettivamente nella società.
Le multi-interpretazioni giuridiche (approccio innovativo) Quanto illustrato riguardo al brocardo latino “in claris non fit interpretatio” ci trova sicuramente concordi su molti punti, specialmente sull’assoluta necessità di garantire un approccio oggettivo e riconosciuto da tutti (obiettivo che il sistema legislativo, in qualità di garante dell’ordine, deve assicurare). Ma una più approfondita lettura della questione porta i soggetti più attenti a porsi un fondamentale quesito: Una volta riconosciuto che il sistema legislativo è, in linea di massima, oggettivamente riconosciuto, è davvero possibile vedere il processo cognitivo di un interprete come oggettivo ed assoluto? Partendo dall’osservazione che la trasformazione delle informazioni in conoscenza è soggetta ad una serie di limitazioni dovute alla ridotta potenzialità cognitiva degli operatori, si può affermare che l’agente non opera mai in termini di razionalità assoluta bensì in termini di razionalità limitata. L’agire razionale dell’agente è inoltre condizionato da informazioni provenienti dall’esterno, le quali influenzano costantemente il suo pensiero. Il punto è che il comportamento decisorio non è altro che conseguenza di un determinato stato mentale, in cui l’evoluzione ha introdotto l’emotività, l’intuizione e il preconcetto (cit. Sabrina salmeri) al fine di una rapida risposta adattiva ai cambiamenti. Questo, da un lato garantisce quella flessibilità e la rapidità decisoria che abbiamo constatato essere indispensabile nei sistemi complessi, ma dall’altro lato comporta una maggiore probabilità di imprecisione, assimilabile al principio d’Indeterminazione di Heinsenberg in campo scientifico…

Si possono definire come esempi di attrattori caotici sia i concetti giuridici generali che l’interpretazione fornita da un organo centrale supremo come la Cassazione o il Consiglio di Stato, il mal funzionamento di tali organi possono essere individuati non solo nella lunghezza dei tempi delle decisioni, ma anche nelle onde interpretative interne che portano all’abbassamento della “soglia del caos”. Le organizzazioni hanno bisogno di un senso per generare identità e obiettivi comuni, creando un ordine (emergenza) prevedibile per le proprie azioni. I diritti acquistano pertanto significato diverso per ognuno di noi se non si creano delle cornici comuni costituite dai valori. Possiamo dunque concludere che, se tutti gli operatori del diritto agiscono con i limiti sopra esposti, nella dialettica che si crea in fase interpretativa, il giudice non solo applica la norma integrandola, ma persegue consciamente o inconsciamente un proprio concetto di equità che è archetipo delle proprie emozioni e risultato della propria cultura.
È a madame Giustizia che dedico questo concerto, in onore della vacanza che sembra aver preso da questi luoghi e per riconoscenza all’impostore che siede al suo posto! [V per Vendetta – Alan Moore]