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Complessità e Sistemi Dinamici

Manager della Complessità, un radicale cambio di prospettiva per l’evoluzione dei sistemi aziendali

Se stravolgi l’ordine prestabilito… Tutto diventa improvvisamente caos. Sono un agente del caos. Ah, e sai qual è il bello del caos? È equo.
[Il Cavaliere Oscuro, Christopher Nolan]

Gli esseri umani e in generale tutti gli organismi viventi costituiscono una rete fittissima di interazioni su piani pluridimensionali (ad esempio, su un piano possiamo individuare le relazioni tra gli individui, su un altro quelle tra individui e l’ecosistema, mentre su un altro ancora troviamo le interazioni tra gli elementi non umani dell’ecosistema stesso come le relazioni operative, amministrative, di mercato, economiche in un’azienda). In base alle variabili in gioco, il sistema appena descritto assume configurazioni che per gran parte sono imprevedibili e del tutto casuali.

Il motivo della complessità dietro ogni sistema sociale, politico, biologico o economico sta proprio nell’infinita quantità di eventi che possono, in tempi diversi, influenzare i soggetti che lo compongono e le loro azioni.

L’attrattore di lorenz, attraverso un’elegante equazione differenziale a più variabili, pose limiti definiti alla prevedibilità dei sistemi dinamici. Il grafico che ne derivò ispirò la suggestiva metafora dell’Effetto Farfalla

Il primo passo da fare è realizzare che, proprio per queste sue caratteristiche, un sistema complesso può essere analizzato nel presente con certezza e precisione. Ma ,nel futuro, la sua evoluzione può essere prevista solo con un occhio probabilistico ed incerto (stocastico). Chiarito questo primo passo, appare evidente che la fase successiva consta nello sviluppo di strutture sociali (ed economiche) di nuova concezione e non più morbosamente legate ai modelli classico-meccanicistici. Si tratta di sviluppare e gestire ambienti capaci di interagire ed integrarsi con l’ecosistema in cui si sviluppano senza produrre esternalità negative, ovvero, tenendo fede a principi di sostenibilità ed eticità.

Ben venga il Chaos, l’ordine non ha funzionato…

[Karl Kraus]

Kevin Kelly, da vero innovatore, anticipava molti anni fa alcuni fenomeni sociali che hanno poi caratterizzato il nostro mondo interconnesso. Egli delineava nei suoi libri una società ed una economia dominate dalla logica delle reti introducendo la metafora dello sciame per spiegare come una miriade di elementi ‘stupidi’, collegati tra loro, possa dare forma ad una ragnatela complessa dotata di un potere molto più grande della somma delle parti che la compongono.
Internet e le nuove tecnologie hanno permesso alle persone di agire insieme con modalità inedite e in situazioni in cui l’azione collettiva era stata fino ad allora impossibile.

La convergenza tecnologica ha consentito di dare nuove risposte a domande antiche sul come permettere a individui in concorrenza tra loro di lavorare insieme e di apprendere come farlo. L’incontro tra le nuove tecnologie e la tendenza umana a socializzare fornisce oggi agli individui l’opportunità di fare cose nuove insieme collaborando su una scala e in modi fino ad oggi impensabili ed impossibili. Ma, soprattutto, questo incontro permette a questi individui di manifestare e far emergere le loro doti creative e innovative. E’ evidente che tale configurazione offra infinite nuove applicazioni nel Management e nella gestione dell’impresa.

Abbiamo in precedenza definito il mondo delle imprese come un insieme di organizzazioni caratterizzate da reti di relazioni complesse e paritarie fondate sullo scambio e la condivisione e che assumono forme estese ed integrate di veri e propri ecosistemi. In queste reti molti attori, siano essi dipendenti, clienti, consumatori ecc. assumono un ruolo sempre più interattivo e cruciale dando forma a nuovi modelli e realtà che si autoproducono e che generano cambiamenti profondi nelle tecniche di marketing (vedi questo articolo), nelle attività di ricerca e sviluppo, negli acquisti, nella gestione delle risorse umane e nella pianificazione di campagne di comunicazione.
In sostanza, la velocità con cui si evolvono sistemi complessi come le strutture aziendali è di gran lunga superiore a quella con cui le stesse strutture si sviluppavano 20 anni fa. In tal senso, è importante comprendere che sistemi gerachizzati ed estremamente verticali tendono a soffocarne lo sviluppo dell’ecosistema nel complesso: Sta proprio al Manager moderno, ora capirete perché egli è “Manager della Complessità”, assumersi il delicato compito di lasciare ai propri collaboratori un giusto grado di libertà affinché nuove strutture emergano e il sistema intero evolva in maniera, sì imprevedibile, ma anche spontanea ed efficiente.

Un caso concreto

Cogliendo spunto da una riflessione fatta con Stefano Mizzella, strategist presso H-Farm, a commento di questo articolo. Voglio fare un esempio pratico. Poco più di un anno fa lavoravo per una società francese su una content farm che sfornava, solo in Italia, più di 20.000 articoli al mese. Questi articoli, essendo scritti in crowdsourcing da una community di migliaia di autori, non venivano consegnati con un ordine preciso e prevedere quanto materiale ci sarebbe stato da moderare era apparentemente impossibile. Ci trovavamo ad assumere moderatori, tramite una società specializzata, senza una reale stima dei volumi da affrontare. Un giorno, inevitabilmente, arrivammo a collasso in quanto gli articoli prodotti erano talmente tanti da creare un effetto imbuto. Da lì la necessità di sviluppare due soluzioni:

  • Semplificare: trovare il modo per ridurre la produzione a monte quando necessario per smaltire la produzione (un rubinetto)
  • Conoscere: sviluppare un modello previsionale che mi permettesse di prevedere (tenendo conto di più variabili), con uno scarto di errore massimo del 15%, quanti articoli sarebbero stati consegnati entro le 24h successive.

Da quel momento, la cosa mi è costata non poche ore di sonno, non abbiamo più avuto problematiche sul piano produttivo e potemmo pianificare le assunzioni dei moderatori in maniera efficiente. Ecco perché, alla fine dei giochi, potremmo ridurre l’approccio del Manager a due step importanti: Semplificare per governare e conoscere per cambiare.

By Duderinaldi

I'm an all-rounded digital strategist, currently heading Digital Innovation at the iconic luxury brand Versace. Since 2018 I've extended my scope beyond Marketing supporting both Industrial Operations and Corporate in complex digital transformation projects with a strong track record of efficient, sustainable and business value-increasing initiatives.
My background includes over 12 years in globally-renowned integrated agencies with focus on planning, strategic execution, digital communication and consumer experience for a wide range of brands and product categories such as Ford Motor Company, Toyota, Adidas, Jaguar & Land Rover, Mattel, Sony Playstation, Vodafone, Sky, Procter & Gamble and Microsoft.

7 replies on “Manager della Complessità, un radicale cambio di prospettiva per l’evoluzione dei sistemi aziendali”

Affrontare e gestire la complessità è la vera sfida richiesta al management attuale. Spesso le soluzioni adottate per dare ordine al caos rischiano di risultare superficiali e fallaci: pensa allo scostamento tra la linearità dei diagrammi aziendali disegnati a tavolino e la fluidità dei network informali che si sviluppano in maniera autonoma tra reparti diversi.

Io ho trovato una possibile chiave di lettura non direttamente nel management ma nel design (mia passione lo sai). Ti consiglio di leggere “Vivere con la complessità” di Donald Norman, dove Norman dice che in realtà l’uomo non cerca soluzioni semplici fini a se stesse, bensì soluzioni in grado di semplificare cose necessariamente complesse, come un computer o una grande azienda.

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Mi vedi assolutamente d’accordo in linea di principio Ste. Semplificare la complessità di una struttura, ottimizzarne il layout… è già un primo passo importante. Ora provo a ragionarci Su come se fossimo seduti a tavola…. Se ci pensi, è la prima reazione che hai quando entri in una stanza disordinata: metti ordine e fai in modo che tutto sia al suo posto. Il passo successivo sta nella profonda comprensione che un manager deve avere del suo team e dell’ecosistema in cui opera, elemento quest’ultimo qualitativo e non riducibile a mera semplificazione matematica (modelli previsionali). Ecco perché alla fine dei giochi potremmo ridurre la cosa a due step: Semplificare per governare e conoscere per cambiare. Ti faccio un esempio pratico. Un anno fa lavoravo su Wikio Experts, una content farm che sfornava, solo in Italia, più di 20.000 articoli al mese. Questi articoli, essendo scritti in crowdsourcing, non venivano consegnati con un ordine preciso e prevedere quanto materiale ci sarebbe stato da moderare era apparentemente impossibile. Ci trovavamo ad assumere moderatori, tramite una società specializzata, senza una reale stima dei volumi da affrontare. Un giorno,inevitabilmente, arrivammo a collasso in quanto gli articoli prodotti erano talmente tanti da creare un effetto imbuto. Da lì la necessità di sviluppare due soluzioni: 1) SEMPLIFICARE: trovare il modo per ridurre la produzione a monte quando necessario per smaltire la produzione (un rubinetto)
2) CONOSCERE: sviluppare un modello previsionale che mi permettesse di prevedere (tenendo conto di più variabili), con uno scarto di errore massimo del 15%, quanti articoli sarebbero stati consegnati entro le 24h successive.

Da quel momento, la cosa mi è costata non poche ore di sonno, non abbiamo più avuto ingorghi di produzione e potemmo pianificare le assunzioni dei moderatori in maniera efficiente

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Condivido l’analisi in toto.
Il problema però è che tipo di ruolo diventa quello del manager. La complessità non si guida, ne controlla o misura: le tre componenti ortodosse della managerialità.
Se non si pone la questione delle competenze, dei saperi, necessari ai manager per facilitare e accompagnare le persone dentro la complessità, diventa difficile generare un reale cambiamento nelle organizzazioni. Penso a discipline che permettano al manager intanto di guardare all’organizzazione come a qualcosa di diverso che una macchina che deve “girare”.

Ad oggi, a parte la sensibilità di qualche persona, organigrammi e misurazioni quantitative sono gli unici elementi di osservazione che il manager ha a disposizione, e gli unici che sa leggere.
Ma l’organizzazione come sistema adattivo necessità maggiori capacità interpretative piuttosto che osservative, e i modelli decisionali devono diventare maggiormente conversativi piuttosto che induttivi. Insomma un altra roba!

Alessandro.

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Rendere almeno parzialmente auto-organizzanti i sistemi pubblici e privati in italia oggi e’ un’emergenza. Si scardina l’elemento inefficienza di sistema dovuto a manager incapaci, incompetenti e si liberano energie di competizione positiva interne al sistema. Oltre a liberare una sana creativita’ adattiva incrementano le relazioni interne per cui anche i rapporti umani, la comunicazione e la produzione di idee contribuiscono all’arricchimento del sistema. Vi lascio che sto in pieno gra a chiedermi perche’ diamine sto gra non si auto-organizza, almeno un bibitaro, se no c’apro io un chiosco porchetta!

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