La politica, si sa, non è mai stata sinonimo di trasparenza come la democrazia non è mai stata il “governo del popolo”. A governare è sempre una nicchia di persone, un gruppo chiuso e ben definito di individui. Bisogna ringraziare Dio se questa elite o classe dirigente, quale la si voglia chiamare, è realmente interessata al “bene” del proprio paese.
A differenza della politica moderna, Internet (inteso come luogo di confronto) rappresenta il mondo della piena e completa trasparenza, della concreta democrazia. La Rete è il mezzo di informazione e comunicazione per eccellenza, è uno strumento di condivisione di opinioni e idee. Chiunque può informare e informarsi, interloquire e intervenire. E’ uno “spazio aperto” di confronto e, quindi, libero. In autonomia possiamo decidere, condividere e confrontarci.
Non mi ha quindi stupito la decisione del presidente francese Sarkzy di indire, a maggio scorso a Parigi, un eG8. Di fronte a una ricca platea, riunita in un immenso padiglione a due passi dalle Tuileries Gardens, vicino al Louvre, e alla presenza di alcuni “guru” di Internet quali Mark Zuckerberg, John Donahoe, John Perry Barlow e Eric Schmidt, il presidente francese ha esordito elogiando il ruolo rivoluzionario e fondamentale di Internet per l’umanità, la crescita economica e la libertà di espressione: You changed the world, just as Columbus and Galileo did. You changed the world, just as Newton and Edison did. You changed the world with the imagination of inventors and the audacity of entrepreneurs.
Per aggiungere subito dopo quanto cruciale si iniziare a far convergere i governi verso la Rete: Now that the Internet is an integral part of most people’s life, it would be contradictory to exclude governments from this huge forum. Nobody could nor should forget that these governments are the only legitimate representatives of the will of the people in our democracies. To forget this is to take the risk of democratic chaos and hence anarchy.
Parole sante, se pensiamo che, come ho avuto modo di constatare con Cristiana Rumori (web content manager navigata) durante uno degli ultimi eventi a cui ho partecipato, in Rete la qualità complessiva dei contenuti sta subendo un impoverimento globale, favorito dalla crescita dell’accessibilità al web.
Sarkozy, durante il suo intervento all’eG8, è poi passato a parlare di sicurezza, privacy e diritti d’autore. D’altronde la politica francese in merito è una delle più restrittive e draconiane al mondo. It is under this copyright law for creative work that you have been able to found companies that have become empires. These algorithms that constitute your power, this continual innovation that constitutes your strength, this technology that is changing the world, are your property and nobody can contest that. Each of you, each of us, can therefore understand that writers, directors or actors can have the same rights.
Durissima la risposta di Yochai Benkler, professore di Harvard e indiscussa autorità in Internet law and economies: Se preferite rendere Internet più sicuro per Justin Bieber e Lady Gaga invece che per la la futura versione di Skype… A voi la scelta! D’altronde, i governi non riescono a tenere il passo con lo sviluppo tecnologico motivo per cui legiferare prima ancora di aver compreso a pieno le effettive conseguenze di questa crescita sarebbe assurdo. E comunque, a differenza della tutela dei diritti d’autore di Lady Gaga, la regolamentazione dei brand legati a Internet sembra andare molto più a rilento, quasi la tendenza fosse di bloccare questo sviluppo. Nessuno dei delegati qui presenti, come ha sottolineato Eric Schmidt, Executive Chairman di Google, vorrebbe vedere un rallentamento di questa crescita per delle stupide regole.
Regolamentare o non regolamentare: questo il problema

Più che altro sarebbe da chiedersi quanto e cosa regolamentare, visto soprattutto il ruolo trainante di Internet nell’economia globale, uno dei pochi ambiti sopravvissuti alla crisi del 2008 e in continua crescita (secondo uno studio realizzato dalla McKinsey and Company sull’impatto di Internet nell’economia mondiale, per ogni lavoro perso per la maggiore efficienza e produttività guadagnate con Internet, sono stati creati 2,6 lavori).
Basti pensare al mercato Apple o agli iOS ecosystem per farsi un’idea dell’impatto di Internet sulle nostre economie. Allora l’obiettivo dei governi non dovrebbe essere porre dei limiti a questo mercato bensì l’esatto opposto: eliminare quelle barriere -burocratiche o legali- che impediscono la crescita di queste imprese nei rispettivi paesi, permettendo, allo stesso tempo, l’accesso a Internet al maggior numero possibile di cittadini. Questo perché l’insita novità di Internet non è cosa queste piattafome stanno facendo, ma cosa milioni di persone sono in grado di fare con esse e attraverso di esse. Anche perché, come ha indicato Esther Dyson, Internet non è sinonimo solo di efficienza, ma anche di trasparenza, una regola migliore di qualsiasi governo.
Appare evidente le difficoltà di trovare un accordo su una possibile regolamentazione di Internet e non solo per questioni economiche ma anche, e forse soprattutto, per le possibili implicazioni politiche: Una Rete libera e aperta rappresenta un utile quanto straordinario strumento di “democratizzazione”.
Ha ragione il presidente Sarko: Internet è qualcosa di assolutamente rivoluzionario e lo è sia da un punto di vista economico che da un punto di vista politico. La Rete, come sostiene con forza Benkler, ha portato la più radicale decentralizzazione delle capacità di dialogare, creare, innovare e socializzare. Chiunque può accedere alle infinite informazioni ed esperienze condivise e disponibili in Rete e utilizzarle, renderle proprie, adattarle. D’altra parte, un framework aperto, a flusso libero, flessibile ha permesso anche che il sacrificio di una persona, nelle vesti di Sidi Bouzid, si sia trasformato in un momento di mobilitazione e rivolta in nome di diritti e libertà fondamentali nel mondo arabo.
Ma si può regolamentare Internet? La Rete che è, per sua stessa natura, libera e aperta, può essere vincolata? Il punto è che, da che mondo è mondo, l’uomo si è sempre dato delle regole per permettere una pacifica convivenza ed evitare possibili abusi tanto di potere quanto di libertà. Il problema in questione, quindi, non è tanto se porre o meno dei vincoli quanto che tipo di vincoli si vogliano porre.
I social media moderni sono uno strumento multiforme e multicanale, frammentato, pluralista e democratico, che ricorda un po’ il fenomeno delle radio libere in Italia a fine anni ’70 ma con una migliore facilità d’accesso e viralità potenziale a disposizione degli utenti. L’evoluzione dei sistemi di comunicazione complessi, come internet ora e la radio all’epoca, passa prima per azioni di autoregolamentazione socialmente condivise (in biologia si chiama Emergenza). Un po’ come ha fatto il Womma qualche anno fa introducendo un codice etico nell’ambito del marketing online, anni in cui la giurisprudenza del settore latitava. Per quel poco di visione che ho del web, sento vi sia una parte della blogosfera che ha bisogno d’essere regolamentata (sedicenti esperti di informatica, guru del marketing e fashion addicted di 16 anni sono solo un esempio), ma dove non arriva la legge deve intervenire il buonsenso.
2 replies on “eG8: si può regolamentare Internet?”
Uhhmmmm, tanti argomenti sollevati e tante cose ci sarebbero da dire. Mi limito ad una considerazione: a mio avviso ai governanti della bellezza del web e di regole uguali per tutti non gliene frega niente, è come nel “mondo reale”, dove le regole vengono fatte solo per avvantaggiare qualcuno. In questo caso le regole vengono invocate soltanto per due distinti ambiti di applicazione: 1) i privilegi dei politici ed il loro diritto innaturale di zittire chiunque non la pensa come loro; 2) i privilegi delle lobbies della comunicazione, che fanno l’occhiolino ai politici di cui sopra in cambio di regole repressive volte a mandare in galera chi scarica un file (e non chi, con una banca, manda a puttane un continente intero).
Tutto il resto che viene detto dai politici è pura aria fritta, impalpabile come il loro potere socio-economico che nell’era di Internet sta inesorabilmente volgendo al declino…
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Sono d’accordo, aggiungo che secondo me la politica non c’entra nula, qui è questione di chi in rete ci sta e la rete la fa… E’ come pretendere che Ghedini vada per conto mio al giudice di pace per presentare un ricorso, loro stanno sull’olimpo e non tra gli uomini. Però, appurato che dall’alto arriveranno solo dure piaghe censorie e saette di phishing, gli uomini devono imparare ad auto-gestirsi ed auto-regolamentarsi, Internet lo permetterebbe, ma noi non siamo in grado di farlo…
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