Tempo fa avevo condiviso in un articolo intitolato ALC, ambienti di lavoro collaborativo per social business adattivi un paio di riflessioni sull’importanza, all’interno di un ecosistema aziendale, di un atteggiamento collaborativo e reattivo da parte di tutti gli attori coinvolti in un processo decisionale. Oggi voglio entrare un po’ più a fondo nella questione partendo proprio dall’intervento che il sindaco di Firenze Matteo Renzi fece a Ballarò in merito alla lentezza operativa a cui gli organi istituzionali, per via delle regole di cui loro stessi sono portavoce ed emblema, sono legati.
La Burocrazia è un cancro, la flessibilità dei processi la cura
Benché fino a un decennio fa fosse funzionale rinchiudere in schemi precisi i flussi produttivi o esecutivi di un determinato sistema, basti pensare alle catene di montaggio di stampo Tayloriano che tanta importanza hanno avuto nella transizione all’era globalizzata, oggi ci troviamo nella situazione di veder collidere tale approccio con gli standard imposti dell’era digitale: velocità, verità e flessibilità.
Nello specifico, ho avuto modo di constatare negli ultimi anni una certa incapacità da parte di certi sistemi (aziendali, giuridici, istituzionali) di adattarsi al mondo che, influenzato sopratutto dalle caratteristiche intrinseche dei nuovi media non lineari, muta e si evolve più velocemente di quanto si possa credere. Citando il film Waiking Life: “2 miliardi di anni per la vita, 6 milioni di anni per l’ominide, 100 mila anni per l’umanità che conosciamo… cominciamo a vedere la natura restringente del modello evoluzionistico…. Allora quando arriviamo poi all’agricoltura, alla rivoluzione scientifica, alla rivoluzione industriale parliamo di 10 mila anni, di 400 anni, di 150 anni… e vediamo un ulteriore riduzione dei tempi dell’evoluzione… Questo vuol dire che siamo nel mezzo di una nuova evoluzione e questa si restringe a tal punto che noi potremmo vederla manifestarsi durante la nostra vita, nel corso di una generazione.”
Ora, per semplificare l’analisi, se riduciamo la nostra prospettiva al contesto aziendale, appare evidente che la natura stessa delle rivoluzioni in atto imponga ritmi ai quali un sistema chiuso, gerarchico e istituzionale non potrà mai adattarsi.
Il caso del ponte Tacoma rappresenta, con un minimo sforzo di astrazione, un emblema del sistema aziendale moderno. Come il vento negli anni 40′ colpiva la rigida struttura del ponte, così i cospicui flussi informativi provenienti dalle reti sociali ora travolgono i brand di commenti, notizie e feedback. Riducendosi il digital divide, si entra sempre più nell’era del 2.0 fatta di dialogo tra brand e utenti della rete. Come ho più volte sottolineato, i rapporti si stringono intorno alle persone e la comunicazione assume le caratteristiche della bidirezionalità e della viralità. I brand di livello internazionale sono oggi sottoposti a una immensa quantità di stimoli e più un’organizzazione sarà flessibile, capace di reagire velocemente e in grado di adattarsi ai cambiamenti, maggiori saranno le probabilità di successo. Minori, di conseguenza, i rischi che la struttura crolli.
Social CRM, ascoltare prima di agire
Filtrare, razionalizzare e convogliare tali stimoli in azioni concrete è la nuova sfida di chi, per conto dei brand, si trova a monitorare ogni giorno le migliaia di informazioni che gli utenti comunicano in rete (lamentele, suggerimenti, idee).
Listening, Brand Reputation Analysis e Social Media Monitoring sono le definizioni più comuni dell’attività di analisi e monitoraggio delle conversazioni che in rete si scatenano intorno a un determinato brand. Al Social Media Analyst (Community Manager nei team meno strutturati) spetta il compito di monitorare tali informazioni e comunicarle ai reparti interni dell’azienda.
Un’email isolata, gruppi di discussione, un commento su un blog, un thread sui forum, un post sulla bacheca della propria fanpage… Come nella teoria dell’effetto farfalla, anche il più piccolo feedback assume importanza e potenzialmente può avere risonanza. Chi interagisce con le community per conto del brand lo sa bene e analizza ogni giorno i feedback per individuare eventuali criticità e segnalarle al reparto di competenza (PR, Marketing, Post-Sell, Research&Development). Spesso le aziende si chiudono e non interpretano il Social CRM e l’analisi delle conversazioni come un’opportunità, bensì come una minaccia continua rispetto alla qualità del lavoro eseguito. Per fortuna negli ultimi anni non stanno mancando casi di brand che hanno fatto del Listening una nuova strategia, coscienti che l’occasione di ottenere del buon buzz (passaparola) è dietro l’angolo:
L’airbag delle patatine Ruffles
Sulla Fanpage brasiliana delle patatine Ruffles molti utenti lamentavano una eccessiva presenza di aria nei pacchetti, ipotizzando che l’obiettivo del brand fosse quello di illudere i consumatori sulla quantità di patatine presenti negli stessi.
Il team di Ruffles ha rapidamente elaborato una soluzione pubblicando una simpatica infografica che illustrava il percorso delle patatine dalla fabbrica ai negozi e spiegando che l’aria agiva da vero e proprio airbag, garantendo di conseguenza che le patatine arrivassero integre nelle mani dei consumatore.
Lily e il pane Giraffa
Sainsbury è una nota catena di supermercati inglese che produce un pane noto come Tiger. A Maggio 2011 l’azienda ricevette un’inconsueta lettera. La piccola Lily Robinson scrisse alla catena chiedendo il motivo per cui il pane si chiamava Tigre e non, più verosimilmente, Giraffa. La risposta del brand non tardò ad arrivare, Lily ricevette pochi giorni dopo una lettera di ringraziamento da parte del team di Sainsbury con una card promozionale.
La sorpresa più grande, però, Lily la ebbe quando la settimana successiva si recò al supermercato e scoprì che il pane era stato rinominato in Giraffe!
Queste sono solo alcune best practices relative a una giusta integrazione tra i diversi team interni di un’azienda e dimostrano quanto rilevante sia, in termini di immagine e promozione, aver sviluppato un processo di CRM (Customer Relationship Management) in grado di creare valore partendo da chi il brand lo conosce e lo ama, il consumatore. Barriere gerarchiche abbattute, reparti integrati e flussi di comunicazione ottimizzati possono davvero fare la differenza. In un contesto in cui è premiata l’apertura, la flessibilità e la capacità reattiva, un brand non può più prescindere dal costruire un ecosistema che sia in grado di ascoltare le persone e di creare valore insieme a loro.
Dedicherò la prossima pubblicazione ai principali tool/metodologie atti a ottimizzare il processo di CRM sui Social Media 😉
One reply on “Social CRM, i brand creano valore attraverso le community”
[…] dovranno essere completamente rivisti i sistemi e modelli di marketing usati finora, bisognerà creare valore attraverso le Community ed essere aperti al cambiamento. Sarà necessario ripensare a nuove strategie in modo da riuscire a […]
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